Il Monferrato

In Monferrato, con lo stupore negli occhi

Era un giorno di fine estate, in compagnia di una famiglia di amici di “Nova York”, in Italia per una vacanza e per scoprire queste terre, le genti, questi paesaggi diventati patrimonio dell’Umanità.

Premesso che per i poeti e i letterati, un paese e il paesaggio continuano a essere ciò che essi sanno interpretare, percepire, esprimere sensibilmente e individualmente, per l’uomo qualunque necessita ritornare a essere appartenenza, relazione, custodia del territorio. Così, con questo modello ho tracciato qualche itinerario, insieme, abbiamo camminato nella natura, incontrato contadini e visitato piccoli borghi. E fu proprio durante uno di quei pomeriggi che curiosamente mi chiesero di sostare in un ritrovo paesano, dove si chiacchiera, si misura la vita e si immagina, si impreca, giocando a carte o a bocce, disciplina sportiva che volevano provare. Ho rispolverato e riaperto la sacca ricevuta in eredità dal “barba” Maurizio che all’interno custodiva sei sfere in metallo, un panno e il pallino. Non immaginavo sarebbe arrivato quel momento, anche se forse, lo aspettavo.

Senza indugi, siamo scesi sul rettangolo di gioco. Gli sguardi e la diffidenza erano palpabili, le persone intorno osservano con circospezione e rassegnazione. Con il lancio del pallino abbiamo dato inizio alla partita, una boccia via l’altra concludiamo la serie e così avanti e indietro, tra prese in giro, risate, bibite fresche, raccomandazioni e parole in dialetto.

Oramai, siamo un tutt’uno. Senza rendercene conto è arrivato il momento di andare a cena. Ci allontaniamo da quel ritrovo di paese ancora vivo. Nei giorni a seguire proseguiamo nel nostro itinerario di saliscendi, musei, cantine e luoghi di interesse ma alla fine, prima di ripartire per gli Stati Uniti d’America, il mio piccolo gruppo di amici ha voluto ritornare là, sotto quelle querce per salutare quei contadini e respirare ancora un momento di quel Monferrato. Gli amici americani hanno la luce dello stupore negli occhi e si accomodano tra quelle donne e quegli uomini, abbozzando un dialogo fatto di gesti e parole buffe. Mi diverto a fissare quel momento, a riascoltare i racconti di un mondo che non esiste quasi più, la condivisione di un bicchiere di vino, la semplicità. Luce autentica, la purezza, un profumo in cucina, la cordialità contadina, unicità, forse è questo uno dei modi per fare accoglienza turistica, ciò che siamo e ciò che è il Monferrato: genuinità, cura, per stabilire un legame tra visitatore e territorio.

Passare dalle parole e dai propositi ai fatti, “scegliere il vecchio vestito nuovo” e indossarlo, mostrandolo con senso di dignità e partecipazione.

Un viaggio tutto da vivere con i consigli e le dritte dei “locals” che vivono in questo magnifico territorio.

Altre storie
Nell’atelier di Bona Tolotti